Borello, prete e scienziato 

(Gazzetta d'Alba n.10 del 7-3-2001)

  di don EUGENIO FORNASARI

Il sacerdote langarolo ha teorizzato la possibilità di leggere i "ricordi" della materia inanimata 

Ha suscitato vasto rimpianto in Diocesi e nel mondo accademico-scientifico la repentina scomparsa (22 febbraio) di don Luigi Borello, deceduto a Varazze, nel suo attrezzato laboratorio scientifico, presso la colonia elioterapica diocesana, che egli dirigeva dal 1964. La sua pastorale educativa era apprezzata in Liguria, come la ricerca scientifica che l’appassionava nell’inseguire una «nuova fisica del futuro, in cui i fenomeni biologici risulteranno una parte essenziale della base concettuale che avrà portato alla nuova sintesi e io penso si possa tranquillamente prevedere che la parte fisica della nuova scienza unificata presenterà molte modificazioni per l’inclusione di fenomeni che oggi consideriamo appartenere al mondo della vita». 

Borello perseguiva – come già un illustre maestro del clero, il ven. can. Francesco Chiesa – l’unificazione di tutte le scienze, non già nella teologia, ma nel suo ambito sperimentale, quello fisico, che è lettura puntuale del mondo visibile.Nato a Pezzolo Valle Uzzone il giorno di Natale del 1924 e ordinato sacerdote il 27.7.1950, era cresciuto ed era stato educato nello studentato albese della Società San Paolo, ove la congeniale propensione alle discipline scientifiche aveva trovato un eccellente maestro nel professore di fisica, chimica e matematica don Enzo Manfredi (1916-1977). Questi era un genio eclettico che volava alto sull’orizzonte scientifico. Aveva attrezzato un buon gabinetto-laboratorio in cui trascinava i suoi allievi nel gorgo della ricerca e sperimentazione fisica.Fin dagli anni giovanili la scienza non aveva avuto segreti per lui. Le sue intuizioni nel campo della fisica elettronica lo portarono a inventare un tubo catodico e a formulare ipotesi di telegrafia e telefonia multipla che lo piazzano fra gli antesignani della televisione.
Lo studente Borello fu certo il più dotato fra gli allievi del maestro e ne ereditò – insieme al gabinetto sperimentale – la passione geniale per la ricerca e la realizzazione scientifica, cui dedicò – a sua confessione – ben 35 anni di vita. Quando nel 1964 egli abbandonò il gabinetto scientifico di "San Paolo" (in gran parte creato da lui) per la riviera ligure, si era portato dietro soltanto un vecchio oscilloscopio a raggi catodici, il prototipo sul quale aveva iniziato i primi esperimenti sulle rimanenze delle luci e dei suoni sulla materia e una montagna di appunti. Questi finirono in un articolo pubblicato su “La Domenica del Corriere“ del 2 maggio 1972, dal titolo: ”La macchina del tempo”, nel quale si asseriva che era stato inventato un congegno con il quale era possibile vedere le immagini e sentire i suoni del passato non fissati con i consueti mezzi di registrazione, ma di un nuovo strumento che era allo studio. L’inventore di questo strumento, in grado di captare suoni e immagini del passato, sarà rivelato il 6 luglio 1988 sul “Secolo XIX” di Genova in un’intervista concessa da Borello al dottor Tempera, in cui si parla di un «prete di Varazze che studia la "cronovisione" e afferma che la materia inanimata ha una memoria, la quale è stata captata in quell’anno stesso dal ricercatore francese Jacques Beneviste, come rivela la rivista inglese “Nature”». Ma l’intervistato (ossia Borello stesso) – complimentandosi con il collega francese – afferma che egli l’ha preceduto nell’intuizione e nella sperimentazione, sostenendo: «Lo spazio è un pieno continuo nel quale non è possibile esista il vuoto. Ogni volta che i suoni o le immagini di un avvenimento colpiscono la materia vengono in parte trasformati in energia statica che può in determinate condizioni essere di nuovo suscitata; una forma di energia finora sconosciuta». La scienza capace di leggere la materia è la "cronovisione" e lo strumento di lettura, descritto da Borello, è da lui chiamato "cronovisore".
Questa indagine scientifica, dice il nostro inventore «propone qualcosa di veramente nuovo». Borello si scopre in compagnia di altri illustri maestri che lo precedono sia «nel campo dell’intelligenza artificiale, prospettando addirittura un computer biologico, sia nelle recenti acquisizioni sulle "reti neurali", siano esse naturali o artificiali».
Tra gli illustri maestri Borello riconosce Einstein (teoria della relatività), Schrödinger, Bohr, Wiener e l’italiano Cesare Colangeli che, con la teoria neutrinica, riuscì a fare questa unificazione realizzando il sogno di Einstein, ossia che le leggi del "campo" siano valide sia per la radiazione che per la materia, dando ragione di ambedue con un’unica formula, la quale varia soltanto per un coefficiente numerico diverso tra radiazione e materia.

La teoria neutrinica studia e interpreta i fenomeni naturali partendo dai concetti di "campo" e di "spazio". Quali sono i criteri fisici che distinguono la materia dal campo? La materia rappresenta grandi riserve di energia e l’energia rappresenta la materia. Di conseguenza non si può procedere a una distinzione qualitativa fra materia e campo; si ha materia ove la concentrazione dell’energia è grande; si ha campo ove la concentrazione dell’energia è debole. Ma nella nostra nuova fisica non c’è più posto per il binomio campo e materia. Non c’è che una sola realtà: il campo. Per questa ragione, afferma Borello, «il nostro problema finale sembra dover consistere nella modificazione delle leggi del campo in guisa tale che non cessino di essere valide nelle regioni di grandissima concentrazione dell’energia». Cesare Colangeli riuscì a fare questa unificazione, ottenendo che le leggi del campo siano valide sia per la radiazione, sia per la materia. Nella teoria neutrinica le particelle di materia sono la chiave dell’universo, con le due cariche elettriche eteronime che, convenzionalmente, vengono chiamate positiva e negativa, si attraggono quando sono opposte, si respingono quando sono uguali, cessano da ogni interazione quando si immedesimano. L’attrazione e la neutralizzazione è l’unica tendenza che esista nell’universo. Non può esistere il vuoto. Nella posizione di "reciproca soddisfazione" delle cariche elettriche, detta anche "spazio in quiete", si crea il neutrino e la teoria da cui prende il nome. Tutto quello che esiste, tutto quello che possiamo rilevare direttamente o indirettamente, tutto quello che avviene, ossia tutta la dinamica dell’universo, dipende da questo unico principio e da questa unica tendenza. Lo si prova algebricamente.
La teoria neutrinica, dopo aver definito lo spazio (o campo magnetico), ci dà modo di capire che cosa sono le onde elettromagnetiche che, interagendo tra loro, si traducono in una polarizzazione, la quale avanza da un neutrino all’altro e costituisce la traccia mnestica (neutrini che permangono sotto forma di polarizzazioni statiche), la quale si fissa nella materia inerte e nel sistema nervoso centrale dell’individuo tramite la traduzione operata dagli organi di senso, perché hanno la stessa base. È stato accertato che, inibendo la normale percezione degli organi di senso, le terminazioni della rete neurale che si dipartono dagli organi verso il cervello, diventano sensibili alle registrazioni magnetriniche che si sono formate nella materia. Lo studioso, nella sua ricerca, elenca constatazioni che sono comuni sia alle tracce mnestiche che si fissano nel cervello animale, sia a quelle che si fissano nella materia inerte e quindi riguardano la realizzazione cronovisiva.

«Vedremo il Cristo dalla nascita alla morte»

Per definizione «la cronovisione è il nuovo mezzo tecnico con il quale è possibile, operando su qualsiasi agglomerato di materia inerte che sia stato impressionato da immagini o da suoni, rivedere dette immagini e risentire tali suoni che in passato hanno lasciato tracce nell’impatto con la materia». Tale ipotesi era già stata ventilata dal benedettino Pellegrino Ernetti, il quale, in una intervista che fece notizia (“La Domenica del Corriere” del 2 maggio 1972) diede come fatta la "macchina del tempo", peraltro mai realizzata, perché si basava su presunti princìpi inadeguati, e fu anche proposta da Edoardo Rhein nel libro “Il miracolo delle onde”, edito in Italia da Hoepli nel 1937. Il termine cronovisione «è stato coniato dallo scrivente (don Borello) e il suo significato illustrato in diversi miei articoli nel 1972-74, i quali rivelano i princìpi su cui si basa un’ipotesi di lavoro completamente diversa». La cronovisione, appena avrà raggiunto un certo grado di sviluppo, «diventerà un fatto non solo scientifico e tecnico, ma culturale, sociale e religioso, che rivoluzionerà tante conoscenze».
In campo religioso, ad esempio, ognuno con la cronovisione avrà la possibilità di vedere il Cristo dalla nascita alla morte, vedere come agiva, ascoltare quello che ha detto con la mentalità critica che abbiamo oggi e di poter giudicare se veramente egli era l’inviato di Dio, il Figlio di Dio, Dio egli stesso (per precauzione, essendo egli sacerdote, don Borello si premurò di far conoscere ai dicasteri competenti del Vaticano le virtualità conoscitive del nuovo mezzo elettronico, senza ricevere un divieto a desistere di sorta).
Peraltro, egli avverte il lettore (nel testo base “Come le pietre raccontano”, pag. 84) che «per le acquisizioni alle quali siamo arrivati, essendo consci di tutte le conseguenze che il nuovo mezzo può comportare (per la “privacy” d’ognuno), ritardiamo, per ora, qualsiasi accordo con le case costruttrici di apparecchiature elettroniche, le quali potrebbero senza grandi difficoltà iniziarne la produzione e la diffusione indiscriminata, senza tener conto delle violazioni che ne potrebbero derivare di segreti anche molto delicati che ognuno desidera conservare».

Cronovisione, trent’anni di studio

Con la definizione del processo cronovisivo per ora siamo arrivati a rilevare soltanto tracce di suoni e delle immagini del passato registrati nella materia e quindi un cronovisore, ossia un apparecchio tipo televisore, che sia alla portata di tutti, non esiste ancora. Tuttavia, con le indicazioni tecniche che vengo esponendo e le nozioni di teoria neutrinica che sommariamente conosciamo, non è escluso che un esperto di tecnica elettronica possa realizzarlo in forma pratica a breve scadenza».

Se comprensibili riserve di brevetto sconsigliano all’autore la descrizione dell’apparecchio, s’intuisce che si tratta di una specie di "sonda" che preleva le tracce mnestiche registrate nella materia e si opera in due tempi, mediante l’apprendimento e il riconoscimento. Si tratta di operazioni note agli esperti elettronici che, sull’onda delle sperimentazioni avanzate, si aprono alla "fisica del futuro".

Chissà con che occhi il nostro caro e insonne don Luigi guarderà dall’al di là nella luce in cui "l’uom s’eterna" questo spiraglio che egli s’è affaticato, in trent’anni di studio, ad aprire nel mondo della conoscenza fisica!